venerdì 3 aprile 2020

Museo del truciolo; Di là da l'acqua, luoghi di sconfine

Villa dei cappelli 



Villarotta di Luzzara è un piccolo centro, a pochi chilometri da Luzzara e dal Po. Una chiavica antica, del '400, recuperata negli anni passati, ospita dal una piccolo gioiello, che testimonia un'attività importante in questo centro. Ora scomparsa. 


        Le forme dei cappelli 


                                                            La chiavica recuperata   

                       
Si tratta della lavorazione del truciolo, per la produzione di cappelli. A fare da biglietto da visita, la scultura di una donna  intenta ad intrecciare i trucioli: entrando nel museo, un unico vano in cui macchine, immagini, strumenti, cappelli e forme in legno, permettono di ricostruire la storia di questo mestiere artigianale, si comprende quanto sia stata un' importante fonte di sostentamento per le famiglie del luogo. Gli straordinari volontari accolgono i visitatori, ogni domenica o durante la settimana per gruppi e scolaresche: spiegano, raccontano, illustrano tutti i passaggi e gli strumenti utilizzati per arrivare al confezionamento del cappello, partendo dal tronco del pioppo. Molti di loro, fin da bambini, hanno aiutato le loro famiglie in questa attività d' "intreccio" e ora ne tengono viva la memoria, concretamente, coinvolgendo anche i visitatori, che possono imparare i primi passaggi.             

                             La macchina per fare i truccioli  


La diffusione è dovuta al fatto che in questa località la terra da coltivare era limitata, per garantire il  mantenimento di tutte le famiglie. Si avviò così questa lavorazione, altrettanto legata alla terra. Il truciolo è infatti una striscia sottilissima di legno di pioppo: intrecciate tra loro, queste strisce formano lunghe trecce, utilizzate, al naturale o colorate, per la creazione di cappelli di varie forme. Una treccia consiste in un intreccio continuo di sessanta metri, l'unità di misura per essere utilizzata.     




I volontari al lavoro per far vedere la lavorazione 


                                            La cucitrice unisce le trecce per confezionare il cappello

Anche nella vicina Luzzara, in riva al Po, si iniziò nello stesso periodo a lavorare il legno per ricavarne trucioli. Il bosco del fiume Po era riserva naturale di pioppi. Una volta tagliati gli alberi si selezionavano parti dei tronchi, prive di nodi e si procedeva al taglio di misura (cm 46 circa) e alla scorzatura, ossia a togliere la corteccia per poi levigare il pezzo di legno sul tornio. Lavorare il truciolo e di conseguenza la treccia per formare i cappelli divenne il tratto distintivo di Villarotta, tanto da guadagnarsi il titolo di Villa dei Cappelli. In molte case si aprirono laboratori artigianali, in cui vennero collocati i macchinari più moderni per una lavorazione adeguata alle nuove esigenze di mercato. Nel secondo dopoguerra, in particolare, i laboratori a dimensione famigliare di Villarotta divennero oltre una trentina, in grado di produrre milioni di ‘paglie’ (i trucioli) al giorno, distribuiti alle donne del paese e dei centri limitrofi per ricavarne trecce. Le trecce, di m. 65 ciascuna, venivano formate da un mazzo di circa 700 trucioli, intrecciato in un’ora e mezza. Da ogni treccia, l’azienda di produzione dei cappelli ne ricavava almeno 4 o 5 copricapi, realizzati in serie. Il Museo del Truciolo propone visite didattiche per scuole o gruppi. E' aperto ogni domenica pomeriggio al pubblico, grazie ai volontari che si alternano per consentire le visite, dalle 15 alle 18.

                                 
                                   Un mazzo di trucioli pronto per formare le trecce      
    

La storia del trucciolo
L’idea di questa lavorazione venne a un carpigiano, Nicolò Biondo (1456-1516), al servizio dei frati di un Convento di Carpi. Prendendo un ramo di salice e liberandolo della scorza, si accorse che procedendo al taglio di lunghe strisce con la roncola, queste si potevano intrecciare come il gambo dei cereali (riso o grano) con i quali di solito venivano fatti i cappelli di paglia in varie parti d’Italia. 
La scoperta che si interessarono alla produzione di queste sottili strisce di legno, morbide al punto da essere piegate e intrecciate fra di loro. Pensarono così di mettere al lavoro le orfanelle ospitate in convento, che impararono presto a fare la treccia e poi anche a cucirla per farne dei cappelli. Non erano più di paglia, ma di legno eppure erano leggeri come fossero fatti con le paglie: ecco perché li si chiamò seppur impropriamente ‘cappelli di paglia’ questi che erano fatti col legno. 
Da Carpi, alcuni frati si trasferirono a Villarotta, frazione di Luzzara, verso il 1600 dove formarono un nuovo convento di cappuccini. Introdussero anche qui l’attività del truciolo e della treccia per farne cappelli, che tanto sviluppo aveva avuto nel Carpigiano. Misero al lavoro le ragazze ospitate e anche le donne del villaggio, che si misero a disposizione per guadagnare qualche soldino. Fin dal secolo 1600, a Villarotta si producevano trucioli e trecce, con relativi cappelli, tanto che nel Settecento le mappe del territorio e i documenti vedono la scritta “Villa de’ Cappelli”.  




Museo del Truciolo: Via
Veniera 1, 42045
Villarotta RE
aperto ogni domenica
dalle 15 alle 18; Per
informazioni e visite:
Centro culturale
fotografico "La treccia"
tel. 3397672695
Visitatori seguono il lavoro di cucitura 






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