venerdì 3 aprile 2020

Musei- patrimoni di umanità: Museo del petrolio



Musei- patrimoni di umanità

Si chiamano musei etnografici, luoghi museali, collezioni di oggetti contadini. Ma a volte le definizioni sono riduttive: ciò che accomuna i musei che qui segnalo è la cultura del lavoro. I saperi delle generazioni passate, l'identità delle genti che li custodiscono. 
La stanza delle latte: una "cappella Sistina" povera e laica, affrescata da centinaia di latte   colorate.Museo Guatelli.  



Parco Museo del petrolio di Vallezza  
Se chiedete a qualcuno del posto dove si trova il Museo del petrolio, potrebbe guardarvi stranito per qualche secondo. Per chi abita qui da una vita il sito ex estrattivo di Vallezza è ‘La miniera’. Punto. E a dire il vero non sbagliano termine. Quella custodita in questa vallecola della frazione di Neviano Rossi è una miniera vera e propria, di storia e di storie. Archeologia industriale dismessa. Ma viva. Perché abitata da centinaia di racconti, testimonianze dirette di tanti che qui hanno lavorato, oltre che di oggetti e costruzioni. Un patrimonio di luoghi, architetture, macchinari e memorie a breve distanza dalla via Francigena poco conosciuto e oggi abbandonato, che ha cambiato l’identità culturale e sociale di Fornovo di Taro nel XX secolo: la miniera petrolifera di Vallezza. 

Il sito, segnalato da cartelli come "MUPE", sigla che riassume il progetto per creare qui il Parco Museo del Petrolio, si raggiunge partendo da Fornovo prendendo la Provinciale ’39 fino al bivio per Neviano Rossi. Imboccata questa, a poche centinaia di metri, si gira a destra per immettersi in una strada secondaria, tra alcune abitazioni e campi coltivati che sembra non portare a nulla.




Fino a quando, dopo l’ultimo tratto su terra, ci si trova davanti alla facciata di due costruzioni. Abbandonate e chiuse, compreso il cancello a lato. Bisogna lavorare di immaginazione per comprendere la straordinarietà del luogo, inserito in un paesaggio collinare altrettanto unico. A venire in aiuto sono le immagini sul pannello che indica dove ci si trova. 


L'esterno del cantiere di Vallezza; un capannone e in primo piano una pompa per il fango   
Dalle immagini storiche si può inquadrare il sito, come si presentava in passato: colline con campi coltivati alternati a decine di pozzi attivi ed un centro nevraglico, costituito da numerosi edifici, comprese le case dei lavoratori: una cittadella autonoma, da pionieri della modernità. Un far west nel cuore dell'Emilia. Durante la visita è infatti possibile esplorare i resti dell’industria e del sito denominato"Cantiere" con i fabbricati ancora presenti, vedere e conoscere i macchinari utilizzati per cercare il petrolio e perforare il terreno, osservare i campioni di petrolio che presentano straordinari colori, che variano dal giallo al rosso al bruno: un modo di fare esperienza del petrolio, un materiale pregiato e fondamentale. 
   La Centrale 3: una costruzione ottagonale in legno, testimone dell'arte del recupero   
La visita permette inoltre di esplorare da vicino una Centrale di pompaggio ancora ben conservata, che trova spazio in una radura nel bosco: una rara testimonianza di un metodo estrattivo italiano, dapprima con il metodo "Pennsilvano", e dopo gli anni Venti con il metodo di perforazione "Rotary", che la Società Petrolifera Italiana sperimenta a Vallezza per la prima volta in Italia. Allo stesso modo le architetture industriali, oggi dismesse, sono testimonianza costruita della storia di questo giacimento e dell'importanza che questo sito ex produttivo ha rivestito particolarmente nel XX secolo: relitti che hanno la capacità di narrare, attraverso, il proprio corpo", la propria struttura, un importante patrimonio di memorie e di tecniche. 


                     La Centrale 3, ancora collegata ad uno dei pozzi  

Il progetto del parco prevede che, nel prossimo futuro, una parte di queste architetture e in particolare l'edificio delle Officine, possa essere messa a disposizione del pubblico mostrando, all'interno di un vero e proprio percorso museale, la storia di Vallezza e il suo ruolo sempre all'avanguardia nella ricerca del petrolio come questione scientifica nella prima parte del XX secolo.
                     
Boccetti in vetro che che servivano a raccogliere i campioni di petrolio prodotti dai diversi pozzi attivi                       


Vallezza, la storia
Vallezza è un piccolo borgo nella frazione di Neviano deì Rossi, comune di Fornovo di Taro. Attraversando oggi il paese e le sue vallate è difficile comprendere l'importanza di questo luogo nella vicenda estrattiva degli idrocarburi dalla fine del XIX secolo fino agli anni settanta del XX secolo. Il suo paesaggio, così come appare oggi, ci racconta pochi ma importantissimi dettagli della storia della ricerca petrolifera nella Val Taro, ma anche in tutta l'Italia.


Foto d'epoca: operati al lavoro sui pozzi e in officina   






Dalle sorgenti di "olio di sasso" che affioravano tra i campi coltivati, alle prime campagne di ricerca per scopi industriali nella seconda metà dell'ottocento, fino alla costruzione della Società Petrolifera Italiana, un'industria estremamente importante per l'economia del luogo, dal 1905 fino alla fine degli anni settanta.





Ripercorrere alcuni momenti di questa storia attraverso il valore del paesaggio di Vallezza, ha il significato più vasto di comprendere come il ruolo del petrolio abbia influito sull'economia nazionale italiana nella prima metà del XX secolo e come proprio il giacimento di Vallezza sia una testimonianza necessaria a non disperdere quel patrimonio di tecniche, saperi e memorie appartenenti a una produzione industriale del passato.



Il petrolio, definito nell’antichità olio di sasso o olio di roccia, è infatti impiegato da tempo immemorabile dagli abitanti dell’Alta Val Sporzana, che lo raccoglievano da pozze o buche nel terreno, da cui la sostanza emergeva per trasudazione o stillicidio della roccia arenaria locale. Nei piccoli centri di Neviano de’ Rossi, Ronco e Vallezza era frequente specie nei periodi piovosi, trovare pozze d’acqua ricoperte di uno spesso strato oleoso, che veniva separato dall’acqua con metodi artigianali e commercializzato per innumerevoli impieghi, in particolare medicinali. Le prime notizie sul cosiddetto “oro di Neviano”, giungono da Antonio Stoppani, che attorno alla metà del 1800 riferisce della presenza di circa trenta pozzi, costruiti in muratura esattamente come i pozzi per l'acqua, e profondi dai 10 ai 20 metri, che producevano, ciascuno, circa 25 chilogrammi di petrolio al giorno.


                          Gruppo di operati davanti ai capannoni della SPI  



Fino al XIX secolo il petrolio era impiegato per usi molto differenti. Principalmente esso era usato come combustibile per alimentare le lampade, ma anche come rimedio medicamentoso, lenitivo per curare problemi di cute, ed era presente in numerosi preparati medicinali. A partire dal 1860, quando il petrolio diviene una fonte energetica indispensabile per la nascente industria automobilistica.
Per la visita e per conoscere le iniziative al MUPE occorre rivolgersi all'Ufficio Turistico IAT di Fornovo Taro: 0525 2599; iatfornovo@gmail.com

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