venerdì 3 aprile 2020

Dal Passo della Cisa, verso la Lunigiana; Via dall'autostrada


Toplecca 


Di ritorno sulla provinciale, si prosegue superando Roccamurata per raggiungere Berceto e la statale della Cisa, tenendo l'obiettivo puntato sul Passo. Via dall'autostrada, ancora una volta, e fuori dagli autogrill: percorrendo la vecchia statale, dopo aver incontrato curve "dei baci", tornanti, pini marittimi, ricordi di bolidi impolverati, un paesaggio tra i più belli d'Italia, piccoli paesi, un monte giurassico come il Prinzera da aggirare, trattorie da tortafritta e salumi, mica camogli e rustichelli da microonde: l'evocazione di un'Italia poetica, che si permetteva l'auto e con quella la domenica ci andava al mare, con il pranzo al sacco nel baule, l'ombrellone legato al portapacchi, su questa autostrada ante litteram, avventurosa, dove le soste erano nei tanti bar, botteghe e osterie diffuse, ora chiuse perché manca il passaggio di un tempo ma ancora visibili nelle vetrine e insegne sbiadite.
                         

 L'appennino lunigiano visto dal Passo Cisa    



Anche al Passo, traguardo intermedio per la spiaggia e sosta d'obbligo, conserva tutte le tracce del glorioso passato. Prima di sconfinare merita anche oggi una pausa, per raggiungere la chiesetta della Madonna della Guardia, simbolo del punto di confine, in cima alla ripida scalinata. Risalirla significa conquistare una vista impagabile. Proseguendo, ormai in Toscana, vale la pena sostare ad un altro "belvedere" sulla Lunigiana e sull'accenno di Apuane, un po' prima dell'abitato di Montelungo. E' evidentemente un punto di riposo per i pellegrini che scendono dal Passo dal sentiero battuto e ben segnato.


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  Il tracciato della Francigena dopo il Passo Cisa  



Un cartello con un mappa della Francigena in Lunigiana ci segnala che questa strada, questi luoghi, questi paesaggi , ci connettono con la storia. Sugli stessi sentieri che calpestiamo ora passarono re, imperatori, eserciti e santi: Totila, il Re dei Goti, e Litprando, re longobardo, l'imperatore Ottone I° e nel 990 Sigerico, vescovo di Canterbury, Filippo II° e Santa Brigida, il re di di Francia Carlo VIII° e l'imperatore Carlo V°, per citarne alcuni. La via Francigena è per questo un vero cammino europeo e culturale radicato in una storia secolare. Scolpita nel paesaggio. Superato Montelungo, dopo alcuni chilometri un bivio indica la direzione per Si lascia la SS62 per inoltrarsi in Valdantena, lungo la strada che porta fino al passo del Cirone e quindi in val Parma.



                   

                                     Il cartello che annuncia l'arrivo a Toplecca.

 Numero di abitanti: 5    
  


Ci fermiamo prima, passando da per seguire le indicazioni per Toplecca, un borgo diviso in due: Toplecca Superiore e Toplecca Inferiore, ai piedi del monte di Cò ed entrambi sul tracciato francigeno. Piccoli, compatti, intessuti di volte e passaggi tra le case, i paesini hanno l'identità della montagna e questo comporta l'avere pochi abitanti: come dichiara il cartello manufatto a Toplecca di sopra ci sono 5 residenti.







Il selciato del Cammino a Toplecca 
Scorci di Toplecca: lavatoi, volte, stretti borghi. Un'opera di pietra.  

 

  

La Francigena che l'attraversa ha qui ha la sua forma più autentica e arcaica: un sentiero lastricato di pietra, per lunghi tratti affiancato da secolari muretti a secco, che attraversano lineari anche i campi, a testimoniare la fatica di conquistare piccoli pezzi di terreno da coltivare e anche la buona pratica di tutelare i versanti da dissesti e frane. Si cammina sul lavoro, anzi sulla cultura del lavoro, di generazioni di uomini, capaci e competenti. Custodi della loro terra.    

                          
  Muri a secco accompagnano lungo il sentiero 


E anche dei boschi. Lungo la strada e seguendo il sentiero si scorgono infatti i vecchi essicatoi per castagne, spesso abbandonati se non distrutti ma anche loro documenti in pietra di un lavoro importante per il sostentamento delle comunità della montagna. Seguendo l'indicazione dal centro di Toplecca di Sopra, dopo 50 metri si raggiunge la "Taberna Potami" un angolo d'oriente, che non ci si aspetta nel cuore della Lunigiana.


   L'insegna della yurta Taberna Potami 
  

Di fronte ad un'abitazione, in uno spazio delimitato da una 

staccionata, spunta infatti una yurta, una tenda mongola,

circolare,che già si annuncia nella porta d'accesso che fa da centro 

di incontro e di accoglienza, per pellegrini e non solo: una delle 

azioni che racconta il progetto di decrescita, "elogio dell’ozio, 

della lentezza e della durata; rispetto del passato; consapevolezza 

che non c’è progresso senza conservazione; indifferenza alle mode 

e a l’effimero; attingere al sapere della tradizione; non identificare 

il nuovo col meglio, il vecchio col sorpassato, il progresso con una 

sequenza di cesure, la conservazione con la chiusura mentale". 
  Il punto ristoro di Toplecca   
                         
Così, in sintesi spiegato questo spazio animato da questa idea di fondo

"La decrescita è la possibilità di realizzare un nuovo Rinascimento, che liberi le persone dal ruolo di strumenti della crescita economica e ri-collochi l’economia nel suo ruolo di gestione della casa comune a tutte le specie viventi in modo che tutti i suoi inquilini possano viverci al meglio".  
La yurta tra gli alberi 
 Pellegrini e viandanti possono trovare accoglienza in questo rassicurante cerchio, partecipare a seminari e incontri, ricevere ristoro, rigorosamente con piatti vegani in quest'isola, non fuori dal tempo ma di tutti i tempi.



Seguendo le indicazioni per Groppodalosio inferiore vale la pena conoscere un altro pezzo "unico " di manualità e competenza in fatto di costruzioni.  E' il ponte medievale, simbolo dell'intero percorso, che grazie alle immagini dei pellegrini ha fatto il giro del mondo: un esempio ormai raro di ponte a schiena d'asino, a arco unico che partendo dalle strutture massicce tra le due sponde sale verso il centro che è il punto più alto.

    Il ponte gobbo di Groppodalosio: un gioiello di architettura medievale  
  
Se non si intende proseguire a piedi sulla Francigena, si ritorna sulla 62 della Cisa per raggiungere Pontemoli. Un centro che merita una vista approfondita per la ricchezza architettonica per le importante testimonianze storiche e artistica, prima fra tutte il castello del Piagnaro e la spettacolare collezione del Museo delle steli. Il nostro viaggio si concentra su uno dei tesori di Pontremoli, forse meno eclatante e conosciuto ma che riassume in sé l'anima stessa del cammino di fede che in Pontremoli ha una tappa fondamentale.  






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